(di Andrea PASQUALETTO fonte: Corriere.it)
C'è il diritto al lavoro, il diritto allo studio e pure il diritto a essere connessi. In Rete, navigatori, informatizzati. Lo ha stabilito un giudice di pace di Trieste, Stefania Bernieri di Lucca, che si è trovata di fronte a un caso minimo per sancire un principio innovativo.
Il caso è quello di una casalinga e dei suoi tre figli rimasti per oltre quattro mesi senza Internet e per oltre due mesi senza telefono per un disservizio del gestore. Il principio è nelle motivazioni della condanna della compagnia telefonica: un risarcimento del danno non solo patrimoniale (1.600 euro) ma anche esistenziale (800 euro), riconoscendo lo stress causato dall'impossibilità di connettersi.
«La signora ha subito un'apprensione angosciosa prodotta dalla situazione, un turbamento che ha inciso direttamente sulla sua sfera emotiva e relazionale - scrive il giudice -. Danno considerato particolarmente grave in un'epoca in cui la comunicazione è fondamentale in ogni aspetto della vita». E ha accolto così il principio di «disuguaglianza digitale» invocato dall'avvocato Giuseppe Turco, difensore della signora, il quale parla così: «È un diritto alla comunicazione, a non essere isolati dal mondo, a poter accedere a quella grande biblioteca informatica che è Internet».